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Il non riconoscimento alla nascita e lo strano caso della gravidanza criptica
di Eleonora Centonze e Donata Luzzati*

La gravidanza di solito genera grandi gioie, aspettative e speranze, ma la presenza di problemi di tipo sociale, familiare, economico e/o personale può trasformarla in un periodo difficile, contrassegnato da molti timori, come la paura di non riuscire a prendersi cura del piccolo che arriverà. Il disagio associato alla maternità, poco condivisibile perché oggetto di giudizio sociale e di grave imbarazzo da parte della donna, può diventare un fattore di rischio sia per la gestante sia per il nascituro: è possibile prevenirne esiti negativi e a volte drammatici, quali l’abbandono traumatico del neonato, solo attraverso un sostegno adeguato, e un accompagnamento non giudicante e competente.

La legge italiana consente di decidere in totale libertà, entro 10 giorni dal parto, se riconoscere o meno il figlio generato (DPR 396/2000), ma affinché tale scelta sia davvero libera, la donna dovrebbe essere informata di questa possibilità e soprattutto supportata prima, durante e dopo il parto. Il diritto al non riconoscimento restituisce alla donna e al neonato quella dignità e quel rispetto spesso compromessi dal segreto e dai sentimenti di vergogna che tipicamente accompagnano le nascite di gravidanze inattese o indesiderate. La scelta di non riconoscere il bambino, se consapevole, non equivale ad un abbandono, ma è anzi un atto di responsabilità e di amore nei confronti del neonato, il quale viene tempestivamente affidato alle cure e all’affetto di una famiglia in grado di accoglierlo.

Vi sono anche situazioni in cui la scoperta della gestazione è tardiva, l’interruzione di gravidanza non è più un’opzione e il non riconoscimento del neonato è l’unica soluzione protettiva per la madre e per il nascituro. È questo il caso della gravidanza criptica, quel fenomeno poco conosciuto per cui la donna non è consapevole di essere incinta: i sintomi tipici della gestazione – quali l’assenza di mestruazioni o la crescita della pancia – non si presentano, e la donna scopre di essere incinta soltanto in una fase avanzata della gravidanza o, nei casi più gravi, solo al momento del parto. In queste circostanze, in cui il fattore psicologico gioca un ruolo di certo determinante ma non ancora del tutto chiaro, il supporto diventa fondamentale per aiutare il bambino e la donna a superare una condizione di sofferenza a cui di solito si guarda con sospetto e condanna.

Problematiche come quella appena descritta sono molto delicate e necessitano di essere accolte in un contesto privo di giudizi colpevolizzanti. Nonostante gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione italiana per tutelare il bambino e la donna che gli ha dato la vita, è ancora necessario un cambiamento sul piano culturale. Il disagio associato alla maternità e la scelta di non riconoscere il neonato, infatti, dovrebbero essere spogliati dal velo di giudizio morale che li ricopre. Un primo passo in questa direzione è sensibilizzare su questi temi non solo l’opinione pubblica, ma anche le gestanti e gli operatori sanitari.

Proprio con tale intento, l’Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica (A.R.P.), in convenzione con l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, ha promosso il progetto “Maternità fragili”, che da ottobre 2018 offre agli operatori sanitari formazione e supervisione su queste tematiche. Da settembre 2019 è stato aperto all’interno dell’ospedale Niguarda un servizio di sostegno psicologico gratuito rivolto alle donne e alle coppie che si interrogano sulla possibilità di non riconoscere il neonato e che, in generale, affrontano una gravidanza “difficile”.

Riflessioni #6 – Maternità criptica

Riferimenti bibliografici:

  1. Persiani M. (2005). Aspetti psicologici del non riconoscimento e delle prime difficoltà materne. Prospettive assistenziali, 150.
  2. Wessel J., Endrikat, J. & Buscher, U. (2002). Frequency of denial of pregnancy: results and epidemiological significance of a 1-year prospective study in Berlin. Acta Obstet Gynecol Scand, 81(11), 1021- 7.

Donata Luzzati, psicologa e psicoterapeuta, Vice presidente dell’Associazione ARP
Eleonora Centonze, dottore in psicologia

Milano, 09 luglio 2020