DCA e lockdown: il cibo che comanda
di Orietta Casaroli* e Claudio Calzi**
La quarantena ragionevolmente imposta alla luce dell’emergenza Coronavirus ha avuto sì l’effetto di preservare la salute dal punto di vista fisico; tuttavia è innegabile che a ciò non si sia accompagnata un altrettanto adeguata attenzione per quanto riguarda la salute psicologica – e le ricerche svolte negli ultimi mesi lo testimoniano con sempre maggiore insistenza. Al di là delle più che opportune polemiche relative allo stanziamento dei fondi per garantire un’adeguata cura della salute mentale dei cittadini, è sotto gli occhi di tutti che in questi ultimi mesi si sia riscontrato un aumento dei sintomi d’ansia e depressivi, in particolare in quelle persone che già di per sé presentavano delle difficoltà dal punto di vista emotivo.
Tra queste figurano i pazienti affetti da Disturbo del Comportamento Alimentare, diagnosi che più di molte altre coinvolge inestricabilmente la dimensione corporea a quella mentale. In questo periodo in cui siamo stati tutti costretti a rinchiuderci nelle nostre case per preservare la nostra salute, o meglio, per salvaguardare il nostro corpo, per alcune persone il non poter esercitare il controllo sul proprio corpo attraverso la consueta routine di allenamento fisico ha rappresentato una prospettiva catastrofica.
Il focus sul cibo e l’alimentazione – già di per sé presente, in una cultura ambivalente che contrappone l’abitudine di costellare i palinsesti televisivi di programmi culinari a una dilagante diet culture– ha subito un ulteriore intensificarsi: il cibo, la cucina, la preparazione di dolci, il lievito madre, il saccheggiamento dei supermercati al fine di procacciarsi il cibo, ecc… sono stati tra gli argomenti di punta di questo lockdown. L’alternativa? L’allenamento fisico. Questo non ha fatto altro che generare un vero e proprio bombardamento mediatico che sui pazienti alimentari ha intensificato il nucleo della loro sofferenza.
«Anche chi non usava il cibo come consolazione o come manifestazione di un’opposizione, in questa situazione di mancanza di libertà e creatività lo cerca» – scrive una mia paziente – «Comanda lui, ci ordina di mangiarlo, di cercarlo, di comperarlo, di riempirci totalmente senza limiti. Non siamo più noi a decidere: siamo completamente in balia, e questo ci fa stare malissimo».
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Milano, 03 giugno 2020
*psicologa e psicoterapeuta. Membro del Servizio Disturbi Alimentari dell’ARP
** dottore in psicologia