I genitori di fronte alla pandemia: quali risorse attivare?
di Artemisia Gentileschi*
Ormai è trascorso più di un mese da quando il governo ha dichiarato il lockdown per l’emergenza COVID-19. Le scuole sono chiuse, i bambini e i ragazzi sono bloccati a casa insieme ai fratelli e ai genitori, ciascuno con le proprie preoccupazioni, i propri bisogni e qualche sogno e desidero rimasto chiuso nel cassetto.
Stiamo attraversando la fase della “disillusione” quella che segue la “crisi” iniziale, dopo che l’inaspettato, l’ignoto e l’irrimediabile hanno preso il sopravvento e ci hanno dapprima terrorizzati, poi bloccati e infine costretti a reagire, chiedendoci di modificare drasticamente le nostre abitudini. Adesso però è arrivato il momento di riavviare il tasto “play” delle nostre vite e ci aspetta un altro cambiamento, forse quello più importante e atteso: ritornare GRADUALMENTE “FUORI”. È sotto gli occhi di tutti che nulla sarà più come prima: questa fase di incertezza sarà lunga e faticosa per ciascuno di noi, grandi e piccoli, ma alla resa dei conti ci accorgeremo che la fatica non è stata per tutti uguale. Le persone, le famiglie, hanno vissuto la pandemia in modo molto diverso tra loro perché diverse sono le condizioni di vita, gli impegni lavorativi, ma soprattutto le risorse interne ed esterne a cui possono attingere in questi momenti di emergenza.
Pat Ogden definisce le risorse come “mezzi, capacità, oggetti, relazioni e servizi che ci offrono sostegno nel mantenere il Sé coeso, facilitano l’autoregolazione e forniscono un senso di competenza e resilienza”; le risorse, dunque, sono alla base della nostra sopravvivenza perché ci aiutano a sentirci sicuri e in connessione agli altri pur nella discontinuità che ogni cambiamento porta con sé: quante più risorse possediamo, maggiore sarà la nostra capacità di affrontare e gestire le diverse situazioni che la vita ci presenta.
Come clinico che si occupa di bambini e di famiglie il mio pensiero oggi va ai genitori, che stanno vivendo un sovraccarico particolare: risentono di un presente impoverito e instabile e di un futuro incerto nei termini di accessibilità alle risorse che non riguarda soltanto la loro esistenza ma anche e, soprattutto, quella dei propri figli. La pandemia ha – momentaneamente – depauperato le risorse esterne a cui potevano attingere per rassicurarsi, sostenersi e confrontarsi, per poi supportare e rassicurare i propri figli; al contrario, oggi, i genitori si ritrovano smarriti, talvolta senza lavoro, senza scuola, spesso rinchiusi in spazi ridotti e, come giocolieri, devono tenere tutto in equilibrio: figli, casa e lavoro. In questo momento storico sembra proprio che debbano fare affidamento soprattutto su sé stessi e sulle proprie risorse.
Ma come si sviluppano le risorse? Le risorse si sviluppano nel corso della nostra esistenza PRINCIPALMENTE nella relazione di attaccamento con le figure di riferimento primario e dipendono dalla quantità e qualità di risorse di accudimento che l’ambiente primario mette a disposizione nelle varie fasi evolutive. Fortunatamente le risorse continuano a svilupparsi nell’interazione con i contesti di appartenenza secondari (scuola – famiglia – lavoro- istituzioni), contribuendo così a forgiare il nostro carattere e la nostra identità che è in continua evoluzione per tutto l’arco della nostra vita. Questo circolo virtuoso ci ricorda che siamo esseri sociali e che abbiamo bisogno di una relazione di interdipendenza per crescere ed evolvere come specie tanto che – mai come adesso – la sopravvivenza di ciascuno dipende dalla collaborazione di tutti.
Nei momenti di crisi ai genitori è sempre stato richiesto un sacrificio enorme per proteggere la prole, però oggigiorno, a differenza del passato, sappiamo con certezza quanto il loro ruolo sia importante per lo sviluppo psichico ed emotivo dei figli e dunque delle future generazioni. Sappiamo infatti che i bambini, per sviluppare pienamente le proprie risorse, hanno bisogno di una relazione “sintonizzata” ovvero di una relazione che li aiuti a “regolare” le proprie emozioni e li faccia sentire “protetti”, “visti” e “capiti”. I genitori sono i primi “regolatori psicobiologici” dei loro figli, come sostiene il neurobiologo Allan Schore se i genitori sono calmi e connessi con le proprie risorse, potranno trasmettere ai loro figli la tranquillità necessaria per acquisire e sviluppare le proprie di risorse per affrontare le sfide della vita; è così che diventiamo resilienti.
Tra mille dubbi, quel poco che oggi ci appare chiaro, è che dovremo riprendere il dialogo con il territorio e con i nostri contesti di appartenenza secondari perché questo scambio è vitale per la nostra sopravvivenza.
Allo stato attuale riprendere questo scambio non è tuttavia una azione semplice, tantomeno veloce, perché significa dovere inventare un nuovo linguaggio, nuove espressioni e punteggiature. Adulti e bambini affronteranno questo passaggio in tanti modi differenti: alcuni potranno sentirsi spaventati, insicuri, vuoti, senza forze, altri eccitati, stimolati pronti alla sfida; reazioni molto diverse tra loro, perfino contradditorie, apparentemente figlie soltanto di questa tragedia, ma che a ben guardare, in molto casi, somiglieranno a qualcosa di già conosciuto o perlomeno “sentito” nel passato, perché diverse sono le storie di vita e le risorse di ciascuno. Per ritrovare un equilibrio è necessario dunque riavviare con cura quel processo di scambio tra interno ed esterno, tra noi e gli altri e muoversi di volta in volta nel rispetto reciproco dei tempi e dei modi. Occorrono flessibilità, creatività, consapevolezza e responsabilità.Tutte risorse interne che appartengono a una “mente adulta”.
Cosi come sappiamo quanto sia importante il ruolo dei genitori per lo sviluppo dei bambini, oggi, grazie agli studi sul trauma sappiamo altrettanto bene quanto possa essere fondamentale il ruolo della psicologia dell’emergenza e degli psicoterapeuti per la prevenzione e cura della saluta mentale, soprattutto quando si attraversano eventi potenzialmente traumatogeni come quello che stiamo vivendo: ne conosciamo gli effetti a medio e a lungo temine sullo sviluppo psichico a seconda dell’età, del contesto in cui ci troviamo e, ancora una volta, delle risorse che possediamo.
Cosa possiamo offrire dunque come psicoterapeuti ai genitori? Una relazione di ascolto “sintonizzata” che li faccia sentire “visti” – “riconosciuti” e “sostenuti” nelle loro difficolta. Si tratta di una presenza al contempo silenziosa e attiva, che sappia sostenere la “mente adulta” dei genitori e che li aiuti a riconnettersi con le risorse che già possiedono e, se necessario, favorire lo sviluppo di quelle mancanti per dare loro la fiducia necessaria a muoversi in avanti, in modo agile e flessibile, accudire i propri figli e affrontare i cambiamenti necessari.
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Milano, 29 aprile 2020
*psicologa e psicoterapeuta. Membro del Servizio Bambini e del Servizio Famiglia e Coppia dell’ARP
Indicazioni bibliografiche
- Pat Ogden-Kekuni Minton-Clare Pain: “Il Trauma e il corpo. Manuale di Psicoterapia Sensomotoria”. Istituto di Scienze Cognitive Editore.
- Allan N. Shore: “La regolazione degli affetti e la riparazione del sé”. Casa Editrice Astrolabio.