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photo: Massimiliano Faralli 

Una paura tollerabile e tollerante
di Silvia Pagani*

La diffusione del Coronavirus sta cambiando la nostra percezione della paura. Se prima la paura apparteneva alla sfera intima e personale, talvolta a livello inconsapevole, ed entrava solo nei dialoghi con noi terapeuti, ora fa parte di un clima collettivo, è qualcosa che respiriamo, vediamo nei volti e sentiamo nelle parole, anche quando di paura non si parla. Fa parte della nostra attuale quotidianità.

Tutti un po’ di paura la stiamo provando per qualcosa, un virus, che ha tutte le caratteristiche per fare paura. Non si conosce, colpisce il nostro senso di integrità fisica perché non si sa come potrebbe reagire il nostro corpo al suo contatto, non si vede, si diffonde rapidamente in modi impercettibili, non si sa quando si estinguerà, viene veicolato dalle relazioni con gli altri umani come noi. E interagire con gli altri è l’attività più frequente e comune che abbiamo. E’ la nostra normalità.

Avere un po’ di paura, quindi, è normale di fronte a qualcosa che, per ora, non riusciamo a controllare. La paura di per sé è utile e importante, ci segnala un pericolo e attiva il nostro organismo per rispondere alla minaccia. La paura, quindi, può salvare la vita, ma anche metterla in pericolo, dipende da quanta paura abbiamo. Avere troppa paura, essere sopraffatti dal panico, rende meno capaci di tollerare gli stress, anche corporei, perché abbassa le nostre protezioni immunitarie fisiche e psicologiche. Diminuisce la capacità di pensare lucidamente, razionalmente e in modo creativo, alimenta la confusione e la dipendenza da soluzioni ‘magiche’ o da pensieri semplicistici, apparentemente tranquillizzanti, ma con un effetto temporaneo. Inoltre, aumenta la reattività impulsiva e irrazionale.

Un eccesso di paura, quindi, ci può far rispondere al pericolo in modi inadeguati o dannosi per noi stessi e la collettività. Possiamo svuotare i supermercati, in una sorta di reazione di attacco collettiva: facciamo qualcosa per non sentirci del tutto impotenti e soprattutto pensiamo a salvarci da soli perché sono gli altri a essere ora i nemici, non il virus. Oppure possiamo restare bloccati in un’agitazione paralizzante e non fare nulla: per esempio evitare di informarci in modo puntuale o di parlarne, per non attivare l’ansia.

Non sentire la paura, che non significa non averla, anzi, è altrettanto pericoloso.

Attiva una forma di irrazionalità diversa dalla precedente, ma potenzialmente dannosa. Minimizzare il pericolo, banalizzare ciò che viene detto dagli esperti, pensare di essere immuni o di non essere a rischio per chissà quale specifica ragione, “dimenticare” di essere dentro un’emergenza, attivare continue critiche e polemiche verso le istituzioni, ci può esporre a comportamenti rischiosi: ribellarsi o ignorare le norme igieniche o di comportamento consigliate (così se non lo faccio il pericolo non esiste), fare come se niente fosse accaduto o stia accadendo (così se non ci penso il pericolo non esiste) o ancora lasciare libero spazio e parola a pensieri e battute cinici. Non solo, non avere paura distanzia dalla capacità di essere responsabili e rischia di mettere inconsapevolmente a rischio anche chi è intorno a noi, la collettività, ma soprattutto le persone più care e vicine.

Le istituzioni ci chiedono comprensibilmente di mantenere la calma, ma essere calmi, non solo stare calmi, non significa non avere paura, ma avere una paura tollerabile e tollerante. La nostra paura deve essere tollerabile in modo da non spingerci impulsivamente ad alterare eccessivamente la nostra quotidianità, ma anche da consentirci di tollerare uno stato di incertezza e vulnerabilità evidente. Restare ancorati al presente di ogni giorno ci aiuta a restare presenti a noi stessi.

La nostra paura deve anche essere tollerante verso la fragilità umana e gli errori che inevitabilmente emergeranno in una situazione di incertezza collettiva. Criticare, attaccare, svalutare, polemizzare, lamentarsi continuamente per ciò che le istituzioni stanno facendo, pur considerandone i limiti, ci aiuta solo a nascondere la nostra paura – e la vergogna per avere paura – dietro all’aggressività, anche passiva, e a una forza esibita, ma apparente. La paura non si combatte, ma si affronta anche con la solidarietà, la condivisione, la tolleranza e la gentilezza verso di sé e gli altri.
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*psicologa e psicoterapeuta. Membro del Comitato Direttivo dell’Associazione ARP.

Milano, 07 marzo 2020